Il mio Giappone è una rubrica che ci mostra il Giappone attraverso una lente particolare, diversa. Beatrice, durante un viaggio che doveva durare due settimane, si innamora di questo paese unico tanto da prolungare la sua esperienza di alcuni mesi. Con i sui scatti e le sue sensazioni, ci racconta la terra del Sol Levante vista dagli occhi di chi la scopre per la prima volta, in tutta le sue stranezze, meraviglie e contraddizioni. Oggi ci porta ad Asakusa, nel cuore della capitale.
Di Asakusa ho un ricordo chiassoso. Camminare lungo la Nakamise-dori , la via che conduce alla “Porta del Tuono” o Kaminarimon (雷門) e poi al tempio Sensō-ji, significa attraversare il cuore di uno dei distretti più antichi di Tokyo, ed essere a tua volta attraversato da un flusso inarrestabile di sensazioni. L’abbondanza di questo quartiere ti travolge proprio perchè ti coglie di sorpresa. Asakusa è stato il primo luogo che ho visitato al mio arrivo in Giappone, la mia prima immagine di un mondo di cui fino a quel momento sapevo poco o nulla. Non appena uscita dalla metro, ricordo che camminavo lungo una via contornata solo da alcuni ristorantini e qualche discreto negoziante intento a mostrare diversi prodotti tipici a pochi passi dalla stazione: maschere tradizionali, bamboline in legno e delicati ventagli fatti a mano in seta e bambù. Non mi aspettavo che, una volta girato l’angolo, mi sarei ritrovata di fronte ad una gigantesca, altissima, maestosa lanterna rossa, come non ne avevo mai viste prima, se non in qualche cartone animato da bambina.
Si tratta della chōchin (提灯), l’iconica lanterna rossa giapponese del Kaminarimon, una delle più tradizionali del Sol Levante. Dopo di lei, ogni cosa che vedevo o percepivo catturava la mia attenzione, ma solo per pochi istanti, fino a che i miei occhi o il mio naso non venivano subito attratti da qualcos’altro. Le colorate vesti tradizionali, i fumi leggeri ma carichi di odori indistinguibili tra loro, il profumo di soia e dello yakisoba, la gigantesca pagoda che spicca in lontananza; tutto conduce all’antico e imponente Sensō-ji ed al giardino nascosto al suo interno.
Lì non arriva il chiasso delle piastre e dei visitatori, tutto tace, la vista è dolce e silenziosa: le sfumature degli alberi fasciati dalle foglie, i pesci che nuotano nel fiume tra le schegge di sole, la pagoda e il suo riflesso nell’acqua. Dopo aver attraversato la Nakamise-dori così ricolma di turisti, dei cibi più sfiziosi e degli oggetti più bizzarri, l’ideale è concedersi una pausa e lasciarsi trasportare dalla natura in questo angolo di pace.
Asakusa è un quartiere ricco, vivace e per questo pieno di contrasti. Quello che più mi colpì del Giappone, e quello di cui sento maggiormente la mancanza, è proprio questo: la possibilità di attraversare il frastuono assordante di un luogo alle cui spalle riposa una quiete silenziosa, l’opportunità di evasione regalata dall’alternanza costante tra rumori e silenzio. I tuoi passi, scanditi da jingle squillanti ed il fruscio delle foglie, tracciano un percorso che attraversa l’abbondanza più caotica e sfrenata mista all’ordinata essenzialità del necessario. Tutto ciò è perfettamente descritto da questo scorcio di Asakusa: un momento sei immerso nella contemplazione più muta e profonda, il momento dopo vieni sopraffatto da una frenesia di colori, di suoni e di odori, tanto da non riuscire mai ad afferrarli tutti.