Coronavirus in Giappone: quiete apparente?

Ragazze in Giappone indossano mascherine

In forte crescita i nuovi casi di coronavirus in Giappone. Dopo un quasi totale appiattimento della curva di contagi durante lo stato di emergenza di Aprile, i casi nel paese tornano bruscamente a salire. Eppure, la vita a Tokyo sembra non subire cambiamenti radicali: vi raccontiamo cosa sta succedendo.

Nessun lockdown

In Giappone non vi è mai stata una vera e propria chiusura, nemmeno durante lo stato di emergenza del 7 Aprile, che il governo del primo ministro Shinzo Abe ha dichiarato prima per 7 prefetture (compresa quella di Tokyo), e poi esteso tutte le altre il 16 dello stesso mese.
Non vi è stata alcuna imposizione da parte del governo alla chiusura delle attività commerciali private o alla limitazione delle uscite dei privati cittadini, bensì una sorta di incitazione formale all’autodisciplina (自粛), la quale, tuttavia, ha avuto un’efficacia altalenante, basandosi unicamente sul buonsenso dei cittadini e dei commercianti. Lo stato di emergenza, dapprima stabilito per un mese intero, ed eventualmente prolungabile, è stato rilasciato in anticipo rispetto ai tempi previsti; dopo appena 27 giorni, prima in 39 delle 47 prefetture giapponesi e poi, a distanza di qualche giorno, a livello nazionale. Anche le limitazioni sugli orari di chiusura di alcune attività commerciali ancora in vigore dopo lo scioglimento sono state completamente rilasciate il 25 Maggio.

L’aumento dei casi di coronavirus in Giappone

Questo approccio tardivo e poco incisivo alla crisi del coronavirus in Giappone ha destato critiche e dubbi da parte di buona parte della popolazione, il cui 57%, secondo alcuni sondaggi, non è soddisfatta di come il governo abbia gestito e stia tutt’ora gestendo la crisi.
Durante lo stato di emergenza, il 14 Aprile si contava un picco di contagiati di circa 700 unità, con oltre 200 casi a Tokyo e più di 100 nella città di Osaka. Sabato 1 Agosto, con la riapertura totale degli esercizi commerciali a (quasi) pieno regime, i casi hanno raggiunto e superato le 1500 unità, con picchi di 472 infetti in 24 ore solo nella capitale e quasi 200 a Osaka, anche se a fronte di un maggior numero di test. Persino la prefettura di Aichi, nel Giappone centrale, ha riportato un nuovo record di circa 180 casi. Molti di questi, secondo le stime fornite dal governo centrale, sono ricollegabili agli ambienti della vita notturna di Tokyo, come bar, discoteche e host club, osservando un forte incremento di contagio nei giovani tra i 20 e i 30 anni (intorno al 70% dei casi giornalieri), di cui molti asintomatici.

Giapponesi indossano mascherine per il coronavirus
Il governo giapponese ha invitato i cittadini all’autodisciplina e al rispetto del distanziamento sociale, ma non ha imposto alcuna misura restrittiva ufficiale: il Coronavirus in Giappone purtroppo non è stato ancora sconfitto.

Le critiche alla campagna “Go To”

Il recente incremento dei casi di coronavirus è inoltre divenuto sempre più cospicuo dopo l’avvio della campagna Go To, mirata a sostenere la ripartenza del settore turistico giapponese, attraverso convenzioni, agevolazioni e sconti per i viaggiatori nipponici all’interno del paese. Tuttavia, la particolare concentrazione di contagi a Tokyo ha portato all’esclusione della capitale dal programma. Lo stesso direttore della task force istituita per affrontare l’emergenza coronavirus in Giappone, Shigeru Omi, aveva tentato senza successo di convincere il governo a rinviare il progetto. Questa sconsideratezza e poca lungimiranza nel voler a tutti i costi affrettare la ripartenza, ha portato ad un forte incremento dei casi anche nelle zone rimaste per mesi a contagi zero, destando preoccupazione ed indignazione da parte dei governatorati locali; questi avevano già espresso il loro dissenso riguardo la scelta del governo di incoraggiare gli spostamenti anche dalle zone ad alto rischio come Tokyo.

La risposta del governo

Nonostante i numeri allarmanti delle ultime settimane, il portavoce del governo e sottosegretario Yoshihide Suda, nella conferenza stampa del 30 Luglio ha negato la necessità di un imminente ritorno allo stato di emergenza e della conseguente sollecitazione alla chiusura delle attività commerciali, anche a fronte della sostanziale diminuzione nella fascia di età colpita dal virus e dell’alto numero di asintomatici. “L’economia del paese“, ha insistito Suda, “non può permettersi un ulteriore periodo di limitazione. Il governo continuerà a gestire la ripartenza economica del paese mantenendo alto lo stato di allerta e lavorando assiduamente insieme agli esperti per limitare i contagi“, ha proseguito il sottosegretario durante la conferenza stampa. Lo stesso progetto Go To continuerà a procedere come da programma, ad eccezione di Tokyo, ancora esclusa a causa dell’alto numero di contagi. L’impressione generale è che, in maniera quasi plateale, il Governo stia dando più importanza alla situazione economica rispetto a quella sanitaria ponendo, di fatto, a rischio la situazione di pazienti e ospedali.

Le grandi città a rischio

Sebbene il governo centrale ostenti grande sicurezza nella gestione di questa crisi, rafforzata anche dalla effettivamente bassa percentuale di decessi per cause legate al covid-19 (almeno secondo i dati ufficiali), alla luce del recente aggravarsi della situazione, cominciano a sorgere le prime avvisaglie di allarmismo da parte di esperti e governatori di regione. La governatrice di Tokyo, Yuriko Koike, invita i cittadini alla cautela , rinnovando una richiesta formale di limitazione oraria delle attività commerciali e “minacciando” un nuovo stato di emergenza nella capitale. Ad Osaka è stato richiesto ai cittadini di evitare assembramenti di più di 5 persone. Ad Okinawa, dopo i focolai scoperti nella base militare americana ed il conseguente e progressivo aumento di contagi, è stata dichiarata l’emergenza.

Shinjuku a Tokyo durante il lockdown per coronavirus
Le grandi città in Giappone sono quelle più a rischio per il contagio da coronavirus: in foto possiamo osservare Shinjuku, quartiere tra i più affollati di Tokyo, durante il lockdown. (Photo by Philip FONG / AFP)

Allarme coronavirus in Giappone

Se l’aumento dei casi di coronavirus in Giappone dovesse continuare a procedere a passo così sostenuto anche nelle settimane a venire, riesce difficile immaginarsi una strada diversa dal lockdown, questa volta uno vero e proprio, magari, con regole e tempistiche maggiormente definite che possano guidare la nazione verso un sostanziale appiattimento della curva dei contagi. Il direttore del Tokyo Medical Association, Haruo Ozaki, mostrando forte preoccupazione per la recente evoluzione della pandemia in Giappone, ha fatto appello al governo centrale affinché quest’ultimo si metta nella posizione di poter imporre legalmente la chiusura delle attività commerciali, poiché questa è, secondo Ozaki, “l’ultima possibilità che abbiamo di mitigare l’espansione del virus”.

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